Fondaco dei Turchi e Museo di Storia naturale, Chiesa di San Stae con la Chiesa e la Scoletta del Tiraoro battioro,
Palazzo Mocenigo ,
 Ca' Pesaro ,   Ca' Corner della Regina,  Mercato di Rialto, Chiesa di San Giacometto




Rialto, ombelico dell'economia

Marin Sanudo uno degli storici più importanti della sua epoca, scriveva nell’anno 1493: “... vi è l’isola di Rialto, di tutto il mondo la più ricchissima parte”.
Venezia era ancora l'ombelico del mondo, Non era ancora giunta notizia della navigazione oceanica di Cristoforo Colombo, e prima che si manifestassero le conseguenze nefaste delle sue scoperte doveva passare ancora qualche decennio.
La città con i suoi 150.000 abitanti era la terza d’Europa per numero di abitanti. Certamente la prima per occasioni commerciali. Non meno importante era il centro finanziario con banchieri  disponibili al rischio. A far quadrare il cerchio c'era la flotta commerciale più importante e una grande capacità di rinnovarla, unite alla predisposizione all’organizzazione e all’innovazione tanto imprenditoriale quanto di architettura aziendale spingevano verso orizzonti di affari sempre diversi... Nel frattempo nei magazeni si accumulavano merci di enorme valore, dalle pietre preziose alle spezie più pregiate, alle stoffe più rare: il compendio dei viaggi delle galee organizzati dallo Stato a Costantinopoli e nel Mar Nero, nel Maghreb, a Beyrut, ad Alessandria d’Egitto, ad Aigues Mortes in Provenza, a Bruges nelle Fiandre, e di quelli liberi.
Rialto è una mostra mercato permanente degli orefici e dei drappieri, rinomati in tutto il mondo e  coloratissimo mercato alimentare, come è rimasto fino ad oggi.
All’estremità della riva del Ferro, mercato delle ferramenta, c’erano il fondaco della Farina e la pubblica pesa. Il centro dei grandi affari era il campo di San Giacometto, con la bella chiesetta dal campanile a vela: gli uomini d’affari che si riunivano sotto il portico della chiesa o nella loggia apposita, come gli artigiani che esponevano sotto le arcate della Drapperia le stoffe preziose tessute secondo i disegni dei grandi pittori, si lagnavano degli schiamazzi dei gallineri  (venditori di pollame), dei naranzeri (venditori di agrumi), dei fruttivendoli e degli erbivendoli del mercato che conviveva con loro. Più in là c’erano (e ci sono) la Beccherìa, e la Pescheria.
Il quadro è un’anteprima della civiltà dei consumi; lo completa il boom degli affitti, soprattutto dei magazeni. E una nuova importante fonte di guadagno per i veneziani divenne  il turismo, d’affari, e religioso  (i pellegrini di Terrasanta impiegavano le soste in attesa d’imbarco nelle visite agli innumerevoli corpi di santi venerati nelle chiese veneziane, ma sembra indulgessero anche ad altri svaghi più profani), ma anche, fine a se stesso, di svago, di curiosità, di cultura.
Dunque, boom alberghiero, in città, ma soprattutto a Rialto dove pullulano osterie, locande e alberghi e postriboli e casini da ziogo.
Era stata proprio la presenza massiccia degli operatori, provenienti dai luoghi più diversi, unita alla preoccupazione derivante dal fatto che molti alberghi della zona fossero in realtà case d’appuntamento, a spingere verso la creazione, proprio nel cuore di Rialto, un’area riservata alla prostituzione. Tutte le città d’affari (in Europa e in Asia) si erano organizzate con quartieri a luce rossa: il Castelletto, questo il nome del quartieretto, era stato creato nel 1360, in contrada di San Mattìo. In cambio, lo Stato offriva protezione nei confronti degli sfruttatori: il Castelletto era, insomma, un po’ simile agli eros center sorti in Germania nell’ultimo dopoguerra. L’operazione, comunque fallì. Le prostitute si trasferirono in gran parte nelle case dei Rampani (le famose Carampane) in contrada di San Cassiano, dove già erano presenti dal Trecento. Ma, lontano da Rialto, la prostituzione veneziana aveva compiuto il salto di qualità in assonanza con il Rinascimento: era nata quella figura della cortigiana “honorata”, una sorta di geisha che vendeva anche cultura, arte, eleganza,
Nobile rovescio di questa stessa medaglia è il fiorire la Scuola di Rialto: una scuola di alti studi di logica e filosofia, fondata presso la chiesa, tuttora esistente, di San Giovanni Elemosinario grazie al lascito del mercante fiorentino Tommaso Talenti e resa importante dal coltissimo rettore, il prete Paolo Della Pergola, che aveva ottenuto di allargare l’insegnamento alla metafisica e alla teologia. Nel 1455, alla morte di Della Pergola, lo Stato veneziano si era assunto l’onere della continuazione della scuola, dove avevano insegnato illustrissimi personaggi. Tutto questo fiorire di affari e di idee attorno al quartiere vacillò quando nei primi giorni di gennaio del 1514 un incendio distrugge in gran parte questa insula così straordinariamente piena di vita.
(segue )
Iconografia
La potenza della flotta commerciale di Venezia è ben messa in evidenza dai quadri del Canaletto quanto in quelli di Guardi.
nella tradizione pittorica veneziana ci sono molti esempi di "ricevimento", le cronache delle visite dei dignitari sono spesso trattatate da opere commissionate ad hoc. Nello spirito dell'ospitalità va interpretato ad esempio il ciclo "Storie di Sant’Orsola del Carpaccio" o le cronache delle visite degli ambasciatori che sono state un piatto forte per Canaletto.




San Stae

La chiesa di San Stae è una rarità a Venezia: si presenta con la facciata e il campo volte al Canal Grande.
Nel presbiterio sono conservati i dipinti degli apostoli commissionati ai maggiori artisti del Settecento grazie ad un lascito di Andrea Stazio.
Fra questi, di grande rilievo: San Giacomo condotto al Martirio di Giambattista Piazzetta, e la Liberazione di San Pietro di Sebastiano Ricci, tutti della prima metà del secolo XVIII.
Nel primo altare a sinistra sono in bella evidenza i Santi Caterina e Andrea  di Jacopo Amigoni (inizi XVIII secolo).
Degni di grande atenzione sono anche  Sant’Eustachio in prigione di Bartolomeo Litterini (inizi XVIII secolo) e L’imperatore ordina di sacrificare agli idoli  di Giambattista Pittoni (inizi XVIII secolo) che si trovano  nella sacrestia.



Vera attrazione mondiale  tra i quadri è comunque
il Martirio di San Bartolomeo eseguito da Giambattista Tiepolo che ben racconta dell'arte del pittore.
 
Palazzo Mocenigo

Nella pianta originale di Jacopo de' Barbari (1500) si ha documentazione dell'edificio di San Stae che all'epoca si presentava a base  quadrata con cortile al centro.



In seguito il palazzo venne  ampliato dai discendenti di Nicolò che acquistarono le proprietà adiacenti.
L'aspetto che conserva attulmente risale probabilmente all'inizio del XVII secolo.
Le due facciate, quella sul rio e quella sulla "salizada", sono volutamente simili.
Nel 1945 il palazzo Mocenigo di San Stae, con l'archivio e parte degli arredi, fu donato per disposizione testamentria al Comune di Venezia da Alvise Nicolò, ultimo discendente della nobile famiglia veneziana, affinché venisse utilizzato "per Galleria d'Arte, a completamento del Museo Correr".
Sul finire degli anni settanta,  pervenirono ai  Musei Civici le stanze del primo piano nobile
Nel 1985, dopo consistenti interventi di restauro, l'appartamento Mocenigo con le decorazioni ad affresco e gli arredi, per lo più settecenteschi. venne aperto al pubblico come museo.
Nello stesso anno venne istituito a palazzo Mocenigo il Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume: gli uffici e la biblioteca specializzata vennero ospitati nelle stanze del primo piano nobile.
Gli altri piani del palazzo sono ancora come li aveva lasciati Alvise Nicolò Mocenigo, divisi in appartamenti e gestiti dall'Assessorato alla Casa del Comune di Venezia.