L'area
marciana, ovvero la rappresentazione della Venezia più snob,
dell'anima della città che ama attrarre, vanitosa, che pretende
attenzione spalancando
le bellezze più rare, ma poi altezzosamente si
nega, celandosi dentro un velo d'acqua alta o scatenando pensatori
pigri e speculativi che ne chiedono
la protezione assoluta nel cellophane del non fare per non disfare, del
non usare.
Sono passati molti anni dal concerto dei Pink Floyd, un evento che
scatenò le ire degli amanti di Venezia e provocò la
chiusura della
piazza ai grandi eventi.
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Sull'onda
dell'emozione profusa, ancora oggi, i concerti, le proiezioni, gli
spettacoli
vengono proposti, ma gli spettatori debbono essere muniti di cuffie e
di pattine. A distanza di anni
(era il 14 luglio 1989, sabato) ci si
può ancora rallegrare che non ci siano stati morti tra quei
400mila
ospiti giunti in una città in festa (era il Redentore)
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senza
che
fosse
predisposto un progetto adeguato, senza che ci fosse una
pianificazione, una toilette aggiunta, un bicchiere d'acqua offerto.
Fu
fortuna e la genetica cultura dell'ospitalità,
ché già dalla mattina i venexiani in
barca (alla conquista del miglior posto in bacino), colsero i prodromi
del pericolo e cercarono i rimedi. |
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Mentre Sovrintendente alle Belle Arti e Sindaco “commissariato”
(in fuga
a Cortina) si palleggiavano le responsabilità.
Quel giorno non è morto nessuno. Ma non pochi hanno rischiato.
Certo che
quel
pericolo servì. Qualche fotografia dell’immondizia. Un figurante
spedito a fingere una minzione contro la Basilica e Venezia – appena
risalita tra le capitali mondiali della cultura – si ritrovò nel
ruolo
che le è stato ritagliato da un secolo: scenografia per l’album
dei
ricordi (davanti) e discarica (sotto il tappeto chiamato Marghera).
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