Ecco la mappa di
Rialto prima dell'incendio
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Dopo il
grande incendio, mentre le pietre sono ancora fumanti che si da il via
alla rinascita.
Già in marzo vengono discussi i primi progetti di rifabbrica,
tra i
quali uno dello scultore Alessandro
Leopardi e un altro dell’illustre
ingegnere veronese Fra’ Giocondo.
Da successive consultazioni esce
prescelto il progetto di Antonio
Abbondi, detto lo Scarpagnino,
che
viene definitivamente approvato il 30 agosto 1514. Così,
tra campo di
Rialto Nuovo e la ruga dei Oresi
(la strada degli orefici), la Drapperia
viene raddoppiata: il nuovo edificio, lungo 113 m con un
portico ad archi per l’intera lunghezza e una nuova strada di servizio
alle spalle (il Parangon) al
tempo della Serenissima, ospitava varie
magistrature tra le quali i Dieci Savi sopra le Decime. |
Rialto,
la pietra le storie e le leggende
Fra i ponti più noti al mondo, indubbiamente c’è quello
di Rialto: forse non tanto per quanto riguarda la fase di
progettazione, quanto perché collega le due rive del Canal
Grande.
E dopo tutti i ponti, fatti e rifatti in legno, per Rialto è
giunta l'era della pietra.
Un’unica campata ad arco ribassato di ventisette metri di luce,
realizzato nel Cinquecento, il cui progetto è attribuito ad
Antonio da Ponte.
Ovviamente l’attribuzione dei meriti, dopo duecento anni di discussioni
e di progetti lasciati cadere, è sempre difficile, ma in questo
caso ci si trova davanti ad un vero e proprio “giallo”.
I dubbi
di Rondelet
Nel 1841 l’architetto parigino Antoine Rondelet (da non confondersi con
Jean Baptiste Rondelet ben più noto per le qualità di
architetto), diede alle stampe un Saggio storico sul Ponte di
Rialto in Venezia, che metteva in bella luce tutte le
incertezze, le osservazioni e riflessioni sulle vicende che nel
Cinquecento hanno avvolto la storia della costruzione di questo celebre
ponte.
Breve storia: il primo ponte fu realizzato nell’anno 1252; si
trattava di una struttura in legno, detto Ponte della Moneta, per
via “della tassa di pedaggio che si pagava attraversandolo”.
Questo ponte era certamente molto costoso, richiedeva frequenti
riparazioni e un restauro completo ogni 90 anni… e non era poi neppure
tanto sicuro. Così iniziarono le discussioni per costruire “il”
ponte in pietra.
Dalla
Moneta a Ponte di Rialto
Nel 1458 il Ponte della Moneta fu ampliato e corredato di “botteghe” e
l’inaugurazione permise anche di cambiare la denominazione: il ponte
della Moneta fu cambiato in quello di Rialto. Già sul finire del
Quattrocento iniziò il dibattito sulla ricostruzione, viste le
gravi condizioni di degrado in cui verteva.
Fra Giocondo, fra gli interpellati per un parere, alzò forte la
voce e propose di ricostruirlo in pietra, ma la ricostruzione del 1524
vide ancora il legno protagonista.
La struttura era studiata con la parte centrale apribile “per dar
passaggio al Bucintoro ed altri grandi navigli”.
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Casa Goldoni
Il nuovo allestimento di
Casa Goldoni ripropone nelle tre Sale del primo piano i temi
principali del Teatro di Carlo Goldoni; il
Teatrino e le Marionette del palazzo Grimani ai Servi; la figura e
l’opera di Goldoni nel contesto del Settecento
veneziano.
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Meglio la
pietra, disse di Frà Giocondo
Frà Giocondo da Verona
rappresentava in quegli anni un architetto di
grande successo, ma soprattutto un pensatore, un maitre a penser,
capace di tradurre in moti (culturali) popolari le tendenze
dell’intellighentia.
Frate domenicano, letterato, matematico,
architetto, eseguì i disegni della Loggia del Consiglio e della
porta
del palazzo vescovile a Verona.
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Alcune opere di Frà
Giocondo il palazzo vescovile di Verona, e il fondaco dei
Tedeschi all'esterno e nel sontuoso interno
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Si era poi cimentato con il Fondaco dei Tedeschi a Venezia, delle
fortificazioni di Treviso (1509).
Salvò la Laguna dall'interramento del Brenta; a Parigi
costruì il ponte
di Notre Dame. Scoprì a Parigi undici lettere di Plinio,
pubblicate da
Aldo Manuzio (1508). Fu chiamato a Roma da Leone X per la fabbrica di
San Pietro....
Dopo la sua presa di posizione sulla struttura in pietra furono molti
gli architetti a volersi misurare sulle idee.
Scrive Rondelet alimentando l’aura al giallo del Ponte di Rialto che
“la storia non ci trasmise i nomi di tutti gli artisti che, dopo Fra
Giocondo, i progetti del quale certo non potevano convenire,
furono
consultati al proposito del Ponte di Rialto; tranne quelli del
Palladio, più non esiste ombra di disegni presentati dagli
architetti... Michelagnolo è, dopo Fra Giocondo, il primo
architetto
del quale sia stata fatta menzione a tal proposito nella storia.
Si diceva che
al tempo del suo passaggio per Venezia, nel 1529, Michelangelo avesse
fatto un progetto pel Ponte di Rialto di cui Vasari esalta
l’invenzione e la magnificenza”.
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Palazzo Mocenigo
Dal 30 ottobre 2004 al 30
aprile 2005, Palazzo Mocenigo: Eleganze venete- Le vesti del potere
L’allestimento è perfettamente contestualizzato
nella sede del museo. La mostra presenta opere capaci di
documentare il fasto e il significato dei
costumi dogali.
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Isole e ponti
Il Centro
Storico sorge su 118 isole per
un totale di 7.61 Kmq.
divisi in due gruppi
principali dal Canal Grande (lungo 3
km. circa). I ponti che collegano
le isole sono 410 (338 pubblici e 72 privati) tre dei quali
attraversano il Canal Grande (ponte degli Scalzi prospicente la stazione
ferroviaria di Santa Lucia (1934), ponte di Rialto(1588),
ponte dell’Accademia(1932)).
È iniziata la
costruzione di un quarto ponte che
collegherà Piazzale Roma e la zona della stazione ferroviaria.
Questo ponte, realizzato su progetto dell'architetto Calatrava, deve
essere "calato a giorni" oramai da qualche mese.
Il Centro storico di Venezia
è diviso in 6 Sestieri (da citare
tutto d’un fiato): Castello - Cannaregio - -S.Marco -
S.Polo - S.Croce - Dorsoduro
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Rondelet nella sua opera di “giallista”, pone l’accento sulla
possibilità, quasi una leggenda, che “attribuiva a Michelangiolo
la
costruzione del ponte tal quel oggi si trova”, congettura che, sempre
secondo Rondelet, si trova sia nel Trattato di ponti del Gautier, nella
Raccolta e parallelo degli edificii di ogni maniera di Durand, e nel
Trattato della costruzione dei ponti di Gauthey.
Lotte,
rivalità e gelosia
Ma è soprattutto il progetto di Andrea Palladio che stimola le
illazioni del Rondelet,
Rondelet fa presumere sia stata
l’ostilità di Jacopo Sansovino contro il progetto del Palladio a
limitare le possibilità di successo del ponte palladiano.
Inoltre, “la risoluzione ben ferma
di
non cangiar nulla allo stato attuale delle cose, può essere
considerata
a ragione come la principal causa che fece rigettare nel progetto di
Palladio la più splendida soluzione che questo problema potesse
mai
avere. Da un’altra parte, l’abbandono di quello del Sansovino, che,
conformandosi senza dubbio a tale risoluzione, aveva dapprima raccolto
tutti i voti, può far pensare che dietro maturo esame, la
Signoria sia
venuta a capo di riconoscere che la questione d’arte ristretta a simili
limiti, anziché produrre alcun buon risultamento, diveniva al
contrario
un accessorio senza alcun’importanza”.
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Non mancano questioni economiche;
afferma Rondelet: “si disse fin qui che solo l’esorbitante dispendio
che sarebbe stato necessario, aveva fatto porre in disparte il progetto
di Palladio pel Ponte di Rialto”.
Dopo la morte di Sansovino, avvenuta nel 1570 in cui
Palladio
pubblica il suo notissimo I quattro
libri dell’architettura e
contemporaneamente muore il grande rivale Sansovino.
Nel 1587 fu bandito un nuovo
concorso
per la progettazione del Ponte di Rialto a cui parteciparono Vincenzo
Scamozzi e Antonio Da Ponte.
Alla fine tra veti incrociati e
progetti
considerati troppo esosi restarono a disputarsi il successo i due
progetti di ponti a un solo arco di Scamozzi e di Da Ponte che avevano
tra loro molti elementi di conformità.
Il progetto e gli adattamenti proposti da Scamozzi,
parvero,
inizialmente prevalere… ma più dell’estetica valse il bilancio e
“il
Senato non avrebbe seguito altri consiglio fuor quelli dell’economica
la più taccagna”. Infatti, la soluzione del Da Ponte “presentava
forse
vantaggi più veri al pubblico servizio”.
Così Da Ponte venne
incaricato della
costruzione. E l’architetto rischiando più volte la pazzia
concluse la
sua avventura con una clamorosa fuga nei giorni successivi
l’inaugurazione. I movimenti di assestamento fecero “depositare” il
ponte di qualche decimetro. Un po’ di qua, un po’ di là e
l’architetto
si immaginò rinchiuso ai piombi. Così fuggì a
Padova dove restò
nascosto fino a quando il ponte fu stabilizzato …
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